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La musica armena

Le origini della musica armena si intrecciano con quelle della letteratura e sono parimenti scarse di notizie e documenti. Alcuni storici armeni del passato ci riferiscono, incidentalmente, che l’Armenia pagana aveva conosciuto il canto religioso e profano e gli strumenti musicali. Movses Khorenatzi menziona e riporta frammenti di pregio letterario, dai quali risulta che si usavano canzoni di ogni genere o racconti, cantati, secondo la storia, dagli improvvisatori, dai cantastorie e specialmente dai celebri trovatori (Gussan) della provincia di Goghtn, che si recavano nelle corti dei prìncipi o sulle piazze a narrare con i loro canti poetici le gesta degli antichi eroi e specialmente dei re armeni.

La musica nell’antica Armenia era una forma versatile, comune nella vita quotidiana, che costituiva una parte integrale dei riti secolari e religiosi, dell’agricoltura e delle operazioni militari. La musica, come le altre arti, rifletteva l’estetica del tempo e della regione e può essere indicativa, come vedremo, della mente collettiva del popolo.

Con la creazione dell’alfabeto armeno nel 404 d. C. le basi modali della musica e la gamma delle strutture musicali furono allargate. I poemi epici recitati da poeti e cantori professionali (vipasanner e gusanner), risalgono a questo periodo e sono frutto di una tradizione orale che si è salvata fino ai nostri giorni.

Sayat-Nova è il più celebre rappresentante della poesia popolare, uno dei più grandi cantori d’amore-ashugh della letteratura armena e figura leggendaria dell’intera area transcaucasica. Scrisse canti non solo in armeno, ma anche in georgiano e in turco-azeri: questa sua vocazione poetica trilingue, priva di accenti nazionalistici, lo fece assurgere a simbolo di fratellanza tra i popoli del Caucaso, ruolo che i conflitti esistenti in quella regione caricano ancora di un significato attuale.

Tra i più famosi componimenti, nel Kamatcha l’autore canta le lodi del suo strumento prediletto dicendo: “tra tutte le lire magnificate, sei tu l’eccellenza, Kamantcha!, ...”. Sayat Nova, votato da un affetto particolare allo strumento, gli attribuiva ogni sorta di qualità curative e consolatrici.

La musica tradizionale armena mescola musica popolare e musica sacra cristiana. Dal secolo V, con la formazione della Liturgia armena propriamente detta, viene così a definirsi anche la tradizione musicale sacra, che della Liturgia è parte integrante. Infatti il sistema modale che costituisce le basi della musica liturgica era comune alle canzoni popolari e ai gusan.

Durante i primi secoli del cristianesimo in Armenia, la liturgia consisteva di salmi e cantici, probabilmente cantati adattando melodie locali. L’organizzazione dei modelli melodici tradizionali in un sistema di otto modi si fa risalire all’VIII secolo. La melodia dello Sharakan (Inno sacro) può dividersi in tre generi diversi: semplici (parz), festivi (tonakan), e gravi (tsanr).

La teoria e la pratica musicale raggiunsero un punto tale da richiedere l’invenzione (VIII sec.) di un sistema di notazione musicale ecfonetica , detto khaz, conosciuto come neuma armeno o sistema unico armeno.
Ma anche se altamente elaborata, la notazione khaz rimase soltanto un complesso di indicazioni valido all’interno del contesto di una tradizione vitale e trasmessa oralmente. Questo sistema fu usato per secoli, entrando a far parte di migliaia di manoscritti, ma la chiave per decifrarlo fu perduta.

Nel 1812 grazie allo sforzo collettivo di Limodjian, teorico musicale e compositore, e altri studiosi, venne creato un nuovo tipo di notazione armena. - ‘notazione ecclesiastica’. Semplice, moderna ed accessibile, essa fu di enorme importanza per la trascrizione della maggior parte dell’eredità musicale, specialmente sacra.

Nacquero successivamente nuovi studi nel campo della musica sacra e vi fu la fondazione di una prima società di musica professionale. Il compositore Kara-murza ebbe un importante ruolo nell’introduzione dell’omofonia nella musica, all’interno della quale si consolidò fermamente.

Yekmalian (1856-1905), compositore, direttore di coro ed educatore, è conosciuto per gli arrangiamenti della liturgia armena. Egli riassunse le tradizioni antiche della musica da chiesa armonizzando, selezionando e creando diversi arrangiamenti. Gli sforzi creativi di Kara-Murza ed Yekmalian costituivano il linguaggio originale della nuova musica professionale, che utilizzava il folclore basandosi su armonie europee ma che si scontrava con l’autenticità della musica armena.

Komitas Vardapet, grande compositore ed etnomusicologo, cercò di risolvere questa incongruenza. Egli si fece sostenitore del valore esclusivo della musica armena e per provare ciò trascrisse più di 4000 melodie che furono oggetto dei suoi studi teoretico musicali. Scrisse canzoni e composizioni corali influenzato dalle tradizioni folcloriche e di chiesa. Scoprì la base tetracordale della musica e ne individuò una singolare caratteristica con stili polifonici, secondo la quale ogni voce della tessitura musicale è percepita come una monodia indipendente, cosicché la natura monodica di una melodia si conserva all’interno della tessitura polifonica. Nel 1912 completò la sua ultima versione del patarag, la liturgia armena.

Le sue pubblicazioni di arrangiamenti e trascrizioni di canti popolari armeni, pubblicate negli anni Novanta dell’Ottocento e nel primo decennio del Novecento, rimangono un insostituibile monumento del patrimonio musicale di un popolo il cui ‘olocausto’ è stato per decenni dimenticato e rimosso. La pubblicazione sistematica di quanto non è andato disperso della straordinaria quantità di scritti, trascrizioni e composizioni originali di Komitas, avviata dopo la sua morte, dall’Arts Institute of the Armenian Academy of Sciences, è tuttora in corso.

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